IMG_0173Superfici a confronto tra arte figurale e decorativa: le tegole artistiche del catanese Enzo Scuderi e inedite specchiere antiche. Su semplici e vecchi materiali in disuso emergono volti e figure permanenti, in omaggio al Fidelio di Beethoven, mentre nei preziosi manufatti nulla permane del soggetto riflesso, in un continuo avvicendarsi che dura da secoli.

 Milano, 5 novembre 2014 – Un omaggio all’apertura della stagione scaligera, che quest’anno mette in scena il Fidelio di Beethoven, è la mostra che si inaugura alla Galleria Baroni mercoledì 26 novembre, dal titolo “Fidelio. Riflesso in terracotte”. Protagoniste le tegole figurali di Enzo Scuderi, dedicate ai personaggi dell’opera, e antiche specchiere, per lo più del Settecento veneziano, in un gioco di riflessi e di rimandi tra i volti che affiorano dai “cocci rugginosi” dell’artista catanese e i volti che appaiono e scompaiono nelle superfici riflettenti. È dai primi Anni 90 che Enzo Scuderi ha eletto gli embrici toscani – le antiche tegole in cotto – a supporto per le sue creazioni: le incrostazioni, le muffe, i licheni, le tonalità cromatiche, perfino le mancanze sono al contempo sfondo e parte integrante dei soggetti che egli disegna a matita e dipinge a inchiostro di china. E così, una materia in disuso rinasce con rinnovate potenzialità espressive. Talvolta volti e figure affiorano, quasi in trasparenza, dai segni del tempo che restano in primo piano, mentre talaltra ne sono il completamento, così che pochi tratti bastano a delineare un soggetto, composto anche dalle imperfezioni della superficie. Immagini archetipe, quali volti di guerriero classico, apparizioni oniriche, maschere teatrali, figure allungate di gusto preraffaellita… le creazioni di Scuderi percorrono tempo e storia dell’arte in una rivisitazione dettata dalla singolarità della materia e dalla passione musicale; come le opere in mostra, dedicate per lo più ai personaggi fideliani. Così Sergio Baroni, ideatore dell’allestimento: “Ospitare le opere dedicate ai protagonisti di Fidelio, fissate in queste astratte superfici, mi ha fatto pensare subito alle immagini catturate in modo effimero dalle specchiere, che rappresentano un’eccellenza della Galleria Baroni. E così le une, con i volti e le figure permanenti, si contrappongono alle altre, con il loro continuo cangiare dei soggetti riflessi. La relazione tra gli antichi embrici in terracotta, espressione artistica di arte contemporanea, e le specchiere, antica espressione di arte decorativa, è nell’appropriarsi dell’immagine figurale: nel primo caso per fissarla stabilmente, poiché essenziale alla composizione artistica, nel secondo per imprigionarla e poi lasciarla scomparire, in un divenire continuo attraverso il tempo. La questione dell’immagine catturata e riflessa mi ha toccato inoltre per la sua valenza psicologica, come ci insegna Lacan e a questo proposito ho chiesto il contributo della psicoanalista lacaniana Giuliana Kantzà, che arricchisce la lettura di questa mostra.”

Giuliana Kantzà: “Larvatus prodeo (avanzo mascherato), così Cartesio ha detto di sé; i volti dipinti, lavorati nel cotto, l’antica materia lavorata e amata in Toscana fin da quando era Etruria, mi hanno fatto pensare all’enigma del volto rappresentato nella pittura e anche negli specchi, bellissimi, che la rispecchiano: enigma che Jacques Lacan ha lucidamente costruito nello ‘stadio dello specchio’, nell’immagine primordiale e arcaica che pone l’‘infans’, il bambino piccolissimo, che ancora non parla, di fronte alla sua immagine nello specchio. Afferma Lacan che, assieme al giubilo del bambino che si riconosce avvengono due movimenti: alienazione e separazione, che diventeranno gli elementi strutturali costitutivi del soggetto, quelli che provocheranno la domanda dell’essere parlante, che abita il linguaggio da cui il soggetto dell’inconscio è attraversato: ‘Chi sono io?’. Domanda di ognuno e di tutti e di sempre. E qui i tempi, leggibili attraverso il linguaggio pittorico, suggeriscono l’aeternum della domanda e lo spaesamento che ne deriva. L’immagine dello specchio si ripropone in quel ‘larvatus’ cartesiano produttore dell’io, immagine ideale e immaginaria che mi nasconde appunto nel luogo del soggetto, nel luogo del ‘non so’ che è il terreno stesso della psicoanalisi. L’arte, diceva Freud, precede la psicoanalisi, inventa e crea senza sapere di farlo. E’ il non sapere che consente all’arte di ‘indicare’, di fare cenno. Queste figure, talora accennate, abbozzate, mi comunicano questo lavoro dell’essere parlante di fronte al proprio enigma di soggetto.”

Fidelio. Riflesso in terracotte”, mercoledì 26 novembre 2014 – 30 gennaio 2015

Orari: da martedì a sabato 15.00-19.30; chiusura festività dal 23.12.2014 all’11.01.2015

Contatti per la stampa: Livia Negri, 392.2793815, antichitabaroni@gmail.com