Dante e la metamorfosi interiore

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Alchimia, è quella a cui assistiamo nel viaggio dantesco attraverso un’immersione nelle passioni, nei vizi, nei limiti e nei sentimenti umani, che saranno trascesi grazie alla ricongiunzione tra Maschile e Femminile, sé (io personale) e Sé (Assoluto), Animus e Anima, secondo l’interpretazione junghiana che proponiamo nella mostra “Frammenti danteschi”. In realtà il concetto di trasformazione che avviene col processo alchemico è la trasmutazione, in cui una materia si trasforma in un’altra. Un principio proveniente da Aristotele (384-322 a.C.), che riteneva che in natura tutto fosse soggetto a mutazione.

L’alchimia è una scienza antichissima, che risale all’epoca greca di 2000 anni fa, e i primi alchimisti furono attivi ad Alessandria d’Egitto, polo di cultura e scienza dell’antichità. Fu qui che confluì la tradizione egiziana della trasformazione del defunto attraverso la mummificazione per permettergli il passaggio nell’aldilà. E sempre ad Alessandria la parola greca chumeria divenne l’arabo al-kimiya, da cui deriva il nostro alchimia. Il primo alchimista noto è Democrito, vissuto nei pressi di Alessandria d’Egitto nel 250 a. C. Alcuni dei suoi scritti, scoperti in Egitto nel XIX secolo, sono giunti fino a noi. Attorno al 300 d.C. all’alchimia fu dedicata un’intera enciclopedia, scritta dallo storico greco Zosimo. Durante il periodo romano gli alchimisti furono osteggiati poiché ritenuti pericolosi e costretti a nascondersi; molti scritti di conseguenza furono distrutti. Solo in seguito alla liberazione di Alessandria da parte degli Arabi, nel VII secolo, questa scienza tornò a fiorire. Attraverso i Crociati di ritorno dalle spedizioni contro i musulmani approdò in Europa in epoca medievale. Facile intuire che questa scienza mistica non ebbe difficoltà ad attecchire in un’epoca alimentata da miti e superstizioni. Molti alchimisti sostennero allora di essere riusciti a trasformare i metalli vili in oro grazie alla pietra filosofale. In un percorso di ricerche che contrappose ciarlatani a seri sperimentatori, gli antichi alchimisti fecero importanti scoperte, come i poteri straordinari del mercurio, che la scienza moderna sta a tuttoggi approfondendo. Rimangono tuttavia molti misteri irrisolti, anche per la perdita di tanta documentazione scritta.

Di trasformazione si tratta anche nella scultura in marmo di Peter Porazik, facente parte della mostra dedicata a Dante: “Metamorfosi” (2003). Da una materia informe – una roccia – spuntano due gambe che rimandano al cammino che il Poeta compie; ma il resto del corpo si sta dissolvendo, in una metamorfosi che ne fa aria e roccia. Anche Dante a un certo punto del viaggio non avrà più bisogno delle gambe della ragione, ma si affiderà a Beatrice – la spiritualità – per l’ascesa ai Cieli e lo farà con un corpo mortale che egli non sente, come fosse un tutt’uno con il mondo spirituale, trasfigurato attraverso il processo alchemico della ricerca interiore. A permetterlo è Beatrice, la donna interiore, così come per gli alchimisti era la soror mystica, il componente femminile della trasmutazione.

Sergio Baroni e Livia Negri

 

Metamorfosi

Peteer Porazik,Metamorfosi, marmo, 2003.

Peter Porazik nasce nel 1975 a Sala (Rep. Slovacca), frequenta l’Accademia di Belle Arti di Bratislava diplomandosi nel 1993, vince nel 1998 una borsa di studio a Praga, poi a Varsavia. Ha partecipato a diversi simposi di scultura nel mondo. Dal 1999 al 2003 è assistente nel laboratorio di scultura all’Accademia di Belle Arti di Varsavia. Lavora in Germania, nella Repubblica Slovacca e in Polonia, per poi approdare in Italia, partecipando alla mostra collettiva  “Giorni di Unione Europea” a Roma nel 2004. Fra le sue realizzazioni: opere pubbliche in Polonia, oggetti e arredamenti liturgici per chiese nella provincia di Caltanissetta.  Negli anni 2009-210 collabora con il professore e scultore Leonardo Cumbo e la ditta Anzalone Marmi sulle cinque statue per la Basilica San Pietro a Riposto (Catania). Nel 2015 collabora con l’architetto Benedetta Finatna sul fonte battesimale per la Chiesa Regina Pacis di Caltanissetta. Attento osservatore delle emozioni umane, i suoi lavori si allontanano dallo spazio reale per entrare in un’astrazione intima, essenziale, a volte provocatoria.